Sebbene la realtà virtuale (VR) sia ancora prevalentemente conosciuta per il suo utilizzo nel gaming, questa tecnologia ha da tempo esteso il suo campo di applicazione ben oltre l’ambito dell’intrattenimento. Oggi la VR trova impiego in settori sempre più diversificati, dalla formazione professionale al retail, dimostrando un potenziale particolarmente significativo anche nel delicato campo della salute mentale.
Uno degli usi più validati e ampiamente studiati della realtà virtuale (VR) nella psicoterapia è il trattamento delle fobie. Tradizionalmente, per ridurre nei pazienti l'ansia associata all'oggetto o alla situazione temuta, si è utilizzata la terapia di esposizione, che permette loro di affrontare gradualmente le proprie paure in un ambiente controllato. Con la VR, questa esposizione può essere creata in un ambiente virtuale realistico, offrendo più flessibilità e sicurezza rispetto al mondo reale.
Ad esempio l'acrofobia - la paura di trovarsi in luoghi elevati- può essere trattata utilizzando ambienti virtuali che simulano scenari legati all’altezza: sul bordo di un edificio, in piedi su un'esile passerella o vicino a un profondo burrone. Le simulazioni sono estremamente realistiche e possono provocare le stesse reazioni fisiologiche dell'esperienza del mondo reale, come vertigini, sudorazione e battito cardiaco accelerato. Ma poiché tutto avviene in un ambiente virtuale controllato, i pazienti possono mettere in pausa o interrompere l’esperienza se questa diventa troppo travolgente. Gradualmente, attraverso l’esposizione ripetuta nello spazio virtuale, la loro ansia diminuisce e possono trasferire questa nuova resilienza alle situazioni della vita reale.
La flessibilità della VR consente ai terapeuti di regolare l'intensità e la complessità degli scenari in base ai progressi del paziente, garantendo un processo terapeutico personalizzato, un vantaggio importante rispetto alla terapia di esposizione tradizionale, che spesso si basa su situazioni del mondo reale meno controllabili e adattabili.
La realtà virtuale (VR) si è dimostrata efficace anche nel trattamento del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), in particolare tra i veterani e i sopravvissuti a eventi traumatici. La VR consente di rivivere in modo controllato esperienze traumatiche, aiutando i pazienti a desensibilizzarsi dai loro trigger emotivi.
Un esempio noto è Bravemind, una terapia VR sviluppata presso l'Università della California del Sud per i veterani con PTSD. Immersi in ambientazioni di combattimento realistico, i pazienti affrontano gradualmente i loro ricordi traumatici sotto la supervisione di un terapeuta. Studi hanno dimostrato miglioramenti significativi con la terapia VR rispetto ai metodi tradizionali.
La VR è utilizzata anche nella terapia cognitivo-comportamentale (CBT), permettendo ai pazienti di esercitare nuove abilità in ambienti realistici ma controllati. Per esempio, i pazienti con ansia sociale possono fare pratica con il parlare in pubblico o le interazioni sociali in ambienti virtuali, preparandosi così ad affrontare situazioni reali.
Uno degli usi più controversi della VR nella terapia psicologica riguarda il supporto psicologico per l’elaborazione del lutto. Programmi sperimentali hanno permesso alle persone di "ritrovare" virtualmente i propri cari defunti attraverso simulazioni. Questo solleva notevoli preoccupazioni etiche, poiché i benefici psicologici di queste esperienze non sono ancora chiari. Un esempio noto è uno show sudcoreano, in cui una madre ha interagito con una versione virtuale della figlia deceduta. Sebbene questo le abbia potuto fornire l’occasione di dirle addio, cosa che non aveva potuto fare nella vita reale, i critici sostengono che ciò possa ostacolare il naturale processo di elaborazione del lutto, creando false aspettative o alimentando un legame fittizio con una fantasia digitale.
L’uso della realtà vituale nella terapia ha un potenziale immenso, consentendo di creare ambienti terapeutici personalizzabili e controllati. Con l'evoluzione della tecnologia VR, cresceranno anche le sue applicazioni nel campo della salute mentale. L'integrazione con l'intelligenza artificiale (AI) potrebbe ulteriormente personalizzare i piani di trattamento, grazie al feedback in tempo reale dei pazienti.
Ovviamente, la VR non potrà mai sostituire le profonde connessioni emotive e umane necessarie per una vera guarigione. Sarà fondamentale che i terapeuti guidino i pazienti verso l'autonomia emotiva, garantendo che la VR resti uno strumento di supporto, e non un mezzo per fuggire dalla realtà.
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